Nella lettura come nella vita bisogna seguire una filosofia:
Un tempo per ogni cosa e ogni cosa a suo tempo.
Questo libro mi era stato regalato cinque anni fa, in occasione della mia prima esperienza all’estero. L’ho dimenticato nel posto sbagliato, e non l’ho più ritrovato. Ma era rimasto nei miei pensieri, e alla prima occasione l’ho ricomprato.
Avevo paura di sedermi a leggere questo mattone da 600 pagine, ma complici un ponte del 2 giugno e il sole l’ho letto in 3 -sí, tre- giorni.
Nella sinossi si legge:
«Libertà, come il precedente Le correzioni, è un capolavoro del romanzo americano. Non si limita a raccontarci una storia avvincente: la profonda intelligenza morale del suo autore inonda di luce nuova il mondo che crediamo di conoscere». The New York Times Book Review
Abbastanza per lasciarlo perdere, no?
«Se Libertà non è il Grande Romanzo Americano, onestamente non so cosa possa esserlo. La ragione per celebrarlo non è che fa qualcosa di nuovo, ma che fa qualcosa di antico, qualcosa che si credeva morto, e lo fa alla grande». The Telegraph
Cos’è quel “qualcosa di antico” a cui si richiama il Telegraph?
La storia di per sé non è originale -si raccontano le vicissitudini di una famiglia, a volte dimenticando qualche membro. La conclusione rimane forse un po’ affrettata viste le 600 pagine del tomo. Ma quel titolo breve e l’immagine di copertina rimangono in testa e fanno da filo conduttore.
Fino a che punto ci spingiamo per assaporare la libertà? Sappiamo davvero cosa voglia dire essere liberi?
