Ormai un anno fa è iniziato il Proces, quello che in catalano è il processo di dichiarazione di indipendenza dalla Spagna. A che punto siamo? C’è ancora interesse per l’indipendenza catalana?
Il referendum dell’1 ottobre 2017: scacco al re
L’1 ottobre 2017 è una data che verrà ricordata a lungo: il referendum per l’indipendenza della Catalogna viene celebrato tra non pochi problemi. Quel giorno gli occhi degli spagnoli erano rivolti alla regione catalana, consapevoli che nulla sarebbe più stato come prima. Era molto diverso dal referendum del 2014 convocato da Artur Mas –di cui parlo qui – se non altro perché in tre anni la popolazione è diventata molto più consapevole e indirizzata verso la dichiarazione di indipendenza.
Tutti avrete visto le immagini di violenza per le strade catalane.

La Generalitat ha giocato uno scacco matto al governo spagnolo di Rajoy: il referendum non si poteva celebrare perché illegale –e approvato da una minoranza del parlamento catalano- e per questo motivo il governo centrale ha messo in campo anche troppe forze di polizia. Le manifestazioni non sono state pacifiche e la risonanza internazionale ha messo a dura prova Rajoy e il re Felipe VI, mostrando la Catalogna come vittima di un’oppressione fascista.
Il contestato video Help Catalonia. Save Europe realizzato da Omnium Cultural
I disordini e le colpe delle varie forze di polizia sono innegabili. Ma la situazione è sfuggita di mano più del previsto: il 10 ottobre Carles Puigdemont, ex presidente della Generalitat, ha in pochi secondi dichiarato e sospeso l’indipendenza.
La dichiarazione unilaterale di indipendenza e l’art. 155
La dichiarazione unilaterale di indipendenza è stata poi votata il 27 ottobre dal parlamento catalano, in una sessione con 70 voti a favore su 82 (di 135) parlamentari presenti. Con il voto si è dato il via alla “Ley de Transitoriedad” per permettere la creazione di organismi statali.
La risposta del governo centrale non si è fatta attendere: il giorno successivo Mariano Rajoy dichiarava l’applicazione dell’articolo 155 della costituzione spagnola.
Se una comunità autonoma dovesse attuare in una forma che attenta gravemente l’interesse generale della Spagna […] il Governo potrà attuare le misure necessarie […] alla protezione del sopra menzionato interesse generale
L’interesse generale è stato protetto sciogliendo tutte le istituzioni catalane, convocando le elezioni per il 21 dicembre 2017 e arrestando i principale responsabili della dichiarazione d’indipendenza. Alcuni, come il vicepresidente Oriol Junqueras e la presidentessa del parlamento Carme Forcadell, sono stati arrestati. Altri, como Puigdemont stesso o la leader della CUP Anna Gabriel si sono rifugiati all’estero.
Nuovi governi, vecchie vicissitudini
Dopo vari mesi di incertezza,il 14 maggio Quim Torra viene eletto presidente della Generalit nel parlamento presieduto da Roger Torrent.

Da dicembre non si sono fatti grandi passi avanti per quanto riguarda la separazione dal Governo centrale. Se non altro, si è notato come lo “spettro” di Puigdemont sia sempre presente in Catalogna. I vari mesi di ritardo nella nomina di Torra sono dovuti alla ricerca di una modalità per dichiarare Puigdemont presidente, nonostante il mandato di cattura internazionale per il reato di secessione.
Qualche sussulto si sta avendo proprio in questi giorni. Pedro Sánchez, presidente del governo spagnolo dopo la mozione di sfiducia al governo di Rajoy il 18 giugno scorso, ha ricevuto un ultimatum da Puigdemont e dai partiti indipendentisti che lo avevano appoggiato nella sua sfiducia. “Il periodo di grazia è terminato”, dichiarava l’ex presidente in un incontro alla delegazione catalana di Bruxelles.
Una società spaccata in due
Se le azioni politiche sono in stallo, le azioni rivendicative tra la popolazione civile si stanno moltiplicando.
Come aveva dichiarato Puigdement di fronte al Parlamento catalano poco dopo le elezioni, il referendum dell’1 di ottobre ha segnato un prima e un dopo. Le relazioni tra la Generalitat e il governo centrale si sono inasprite ancora di più, ma soprattutto è aumentato l’astio tra catalani indipendentisti e non indipendentisti.
Oltre alla estelada, la famosa bandiera indipendentista, il giallo e in particolare i fiocchi gialli sono diventati i simboli dell’indipendenza. Sono apparsi per la prima volta tra le sedute vuote del parlamento catalano, per riempire il vuoto dei presos polítics, gli arrestati per l’organizzazione del referendum e gli auto esiliati.

Con l’arrivo dell’estate, anche le azioni politiche si sono spostate al mare: sono apparse croci gialle in spiaggia, simbolo della libertà e della democrazia perdute.

Nei numerosi video pubblicati sulle reti sociali ci sono le testimonianze di persone catalane che si attaccano duramente, chi per l’indipendenza dalla Spagna e chi per il diritto di sentirsi spagnoli in terra catalana.
I toni tra politici non sono da meno: ha destato molto scalpore che il sindaco di Canet de Mar, Blanca Arbell, abbia proibito a Inés Arrimadas, deputata anti-indipendenza per Ciudadanos del Parlamento Catalano, di tenere un comizio nella sua città.
La Arrimadas ha interpretato ciò che è successo come “l’ennesima prova della separazione della società civile in Catalogna”.
Ciò che richiama l’attenzione è la postura del governo catalano nei confronti degli atti rivendicativi: mentre passano inosservati quelli degli indipendentisti, i non indipendentisti rischiano multe e l’arresto per aver togliere simboli indipendentisti.
Uno dei gesti che più scalpore ha suscitato è stato in occasione dell’anniversario dell’attentato a Barcellona del 17 agosto 2017. Le autorità avevano chiesto di non politicizzare una celebrazione contro il terrorismo, ma poche ore prima della manifestazione è apparso un cartellone su un palazzo al centro della capitale catalana: il re Filippo VI non era il benvenuto in Catalogna.

Il ritorno dell’art. 155
Tutto ciò non fa che inasprire di nuovo i rapporti tra Generalitat e governo centrale. Ciudadanos ha richiesto a Pedro Sánchez, presidente del governo spagnolo, di rimettere in marcia i meccanismi dell’articolo 155 della costituzione.
Nelle prossime settimane assistiremo, ancora una volta, alle richieste del governo catalano nei confronti di quello spagnolo. Pedro Sánchez riuscirà a mantenere intatte le autorità spagnole?