Riprendiamo il discorso sulla nascita del movimento indipendentista catalano di cui abbiamo parlato in questo articolo. Ripartiamo dal XX secolo per arrivare fino al 2017.
La nascita del catalanismo e la dittatura di Primo de Rivera (1923-1931)
Nel 1901 il catalanismo diventa un movimento politico con la fondazione della Lliga regionalista, un partito nazionalista conservatore, che si presenta alle elezioni e le vince. Si forma poi una lega delle province catalane, la Mancomunidad de Cataluña, inizialmente non riconosciuta ma poi approvata nel 1913. È la prima volta dal 1714 che il governo centrale riconosce l’unità territoriale della Catalogna. Poco prima della dittatura di Primo de Rivera, Francesc Macià fonda il primo partito indipendentista catalano, Estat Català. La Mancomunidad viene sciolta durante la dittatura di Primo de Rivera (1923-1931), inizialmente appoggiato dalla borghesia catalana che temeva le forze anarchiche. La Catalogna diviene una delle forze di opposizione alla dittatura. Alla caduta di Rivera, si costituisce una coalizione di partiti di sinistra denominata Esquerra Republicana de Catalunya.
La repubblica autonoma della Catalogna durante la Seconda repubblica Spagnola (1931-1939)
Tra il 1931 e il 1934, anni della seconda repubblica, la Catalogna non rimane inerte: nel 1932 viene votato l’Estatut, e nel 1934 Lluis Companys proclama una repubblica all’interno della repubblica federale spagnola. Il governo centrale interviene sospendendo le istituzioni autonome e l’autonomia viene ristabilita due anni dopo con elezioni vinte da una coalizione di sinistra chiamata Frente Popular.

Una guerra civile fratricida in Catalogna (1936-1939)
Con lo scoppio della guerra civile la Catalogna si ritrova di nuovo a combattere più contro se stessa che contro l’arrivo di Franco a Barcellona. La vittoria di Manuel Azaña (di sinistra) alle elezioni repubblicane del 1936 non è ben accettata nè dalle forze di destra nè da quelle di estrema sinistra. Proprio a Barcellona nel 1936 si organizza e inizia un colpo di stato contro la Seconda Repubblica, organizzato dagli anarchici. Qui iniziano una serie di battaglie e accadimenti principalmente tra il governo repubblicano e gli anarchici [Avviso: questa parte potrebbe essere modificata in futuro data la difficoltà di comprendere e quindi spiegare bene ciò che è successo in Catalogna prima dell’occupazione franchista].
Le battaglie lasciano Barcellona e la Catalogna completamente divise, tanto che Franco non ha problemi a occupare la città il 26 gennaio 1939, stremata da anni di battaglie interne e dai bombardamenti tedeschi e italiani.
Il franchismo in Catalogna tra repressione e crescita economica
L’instaurazione del regime franchista prevede l’annullamento di qualsiasi libertà, tra cui anche quella di poter parlare catalano. Nonostante questo, la Catalogna è stata in realtà l’unica regione a vivere un momento di sviluppo industriale ed economico per la scelta del governo di mettere a Barcellona le sedi delle principali industrie di interesse nazionale (tra cui la SEAT) e per l’aumento della popolazione dovuta agli spostamenti di manodopera dalle regioni più povere della Spagna alla Catalogna.

La transizione democratica e il pujolismo (1980-2003)
Alla morte di Franco si ristabiliscono le libertà fondamentali. La costituzione del 1978 definisce la Spagna come uno stato di autonomie, e si torna a votare per la Generalitat de Catalunya. Nel 1979 entra in vigore il nuovo Estatut de autonomia, e Jordi Pujol, di Covergencia i uniò (centrodestra), viene eletto presidente dal 1980 al 2003.

I casi di corruzione e di appropriazione indebita di denaro pubblico –di cui parleremo più avanti- portano a parlare di “pujolismo“, e spesso ci si riferisce a Pujol come se fosse stato un vero e proprio monarca in Catalogna.
Una Catalogna sempre più autonoma
In questi anni la Catalogna raggiunge ancora più autonomia: le viene concesso di avere un corpo di polizia autonomo, i mossos d’esquadra, un’amministrazione comarcal, che riunisce città a livello più ristretto rispetto alle province, un tribunale superiore di giustizia e una corporazione audiovisuale catalana per cui la regione gestisce un canale radio (Catalunya Radio) e uno TV (TV3). L’educazione, che in tutta la Spagna è competenza quasi esclusiva delle regioni autonomiche, diventa in lingua catalana immersiva: il governo centrale chiede di studiare spagnolo almeno due ore a settimana. Inoltre, la Spagna ratifica immediatamente la Carta europea delle lingue regionali e minoritarie, dando così un ulteriore riconoscimento all’importanza delle lingue minoritarie sul territorio spagnolo.
Nel 2005 viene riconosciuto il dominio .cat per le pagine internet in lingua catalana, il primo esempio per una comunità linguistica.
2003-2010: i progetti sfumati di un nuovo Estatut
Dopo 23 anni di governo Pujol, di centrodestra, nel 2003 Pasqual Maragall (socialista) diventa presidente con una coalizione di centrosinistra. Partono i progetti per un nuovo statuto autonomico, al tempo appoggiato anche dai partiti di centro sinistra e da Zapatero.
Nel 2006 viene convocato un referendum per l’approvazione di un nuovo Estatut de autonomia. Vince il sì con il 73% dei voti, ma con un’astensione del 50%. Maragall, nonostante avesse compiuto ciò che si erano prefissati, cioè di dotare di ancora più autonomia la Catalogna, viene costretto alle dimissioni, chieste soprattutto dal suo partito, il Partito Socialista Catalano, anche per la mancanza dell’appoggio di altre forze di sinistra come Esquerra Republicana. Vengono convocate nuove elezioni vinte da José Montilla di Convergencia i Uniò.
Il ruolo chiave di Rajoy per infiammare gli indipendentisti e l’inizio del procés
Questi anni sembrano essere il punto chiave del catalanismo che conosciamo oggi, e un ruolo importante per incendiare le masse è quello di Mariano Rajoy. Il Partito Popolare, di cui Rajoy era presidente, ricorre al Tribunale Costituzionale spagnolo per l’incostituzionalità dell’Estatut, soprattutto perchè si prevedeva il riconoscimento della Catalogna come nazione e l’autonomia nella gestione del potere giudiziario. Il tribunale costituzionale dichiara l’Estatut non a norma, e i catalani cominciano a sentire la pressione del governo centrale contro il proprio sentimento.

Le elezioni del 2010 riportano al potere Convergencia i Uniò con il candidato Artur Mas.

Il “mantra” di Mas è di negoziare una maggiore autonomia fiscale per la Catalogna, che negli anni aveva raggiunto un livello di debito pubblico altissimo che ad oggi è di circa 10.000 euro per abitante della regione. Con lui si dà inizio al proces, l’insieme delle trattative e delle consultazioni popolari che porteranno la Catalogna a essere una repubblica indipendente.

Con Rajoy presidente del Governo, tale autonomia non viene concessa. Nel 2012, forte di un nuovo movimento indipendentista, Mas convoca le elezioni convinto di poter rafforzare la sua maggioranza. Perde 12 seggi, ma una coalizione con Esquerra Republicana permette di nominare un governo.
Tra il 2012 e il 2013 il catalanismo si rafforza. La crisi economica che fa impennare la disoccupazione, il generale malcontento per i tagli dopo il salvataggio da parte dell’Unione europea e la crisi dei partiti fanno concentrare l’attenzione sull’idea che la Catalogna possa stare meglio da sola.
Secondo quanto scritto da Il Post, i favorevoli all’indipendenza sono passati dal 18,5 per cento dell’ottobre 2007 al 34,6 per cento del 2017, raggiungendo picchi vicini al 50 per cento nel 2013.
Gli scandali di corruzione in Catalogna (2012-2013)
I leader catalani pro-indipendenza sembrano sfruttare questo nuovo movimento per far parlare il meno possibile degli scandali di corruzione scoppiati proprio tra il 2012 e il 2013.
Jordi Pujol, presidente dal 1980 al 2003 viene indagato insieme alla sua famiglia per appropriazione indebita di denaro pubblico. Nel 2014 Pujol confessa di avere nascosto conti all’estero per 34 anni. A maggio 2017 viene reso pubblico che la famiglia Pujol ha 69 milioni di euro nascosti ad Andorra di origine sconosciuta. Altri conti e rendite non dichiarati sono presenti in vari paradisi fiscali. Per questi reati è stato condannato il figlio maggiore, Jordi Pujol Ferrusola.

Viene anche resa pubblica una modalità per il trasferimento illecito di denaro. Marta Ferrusola, moglie di Jordi Pujol, inviava messaggi scritti a mano in cui si definisce “madre superiora” e chiede il passaggio di libri “da una congregazione all’altra”.

La Catalogna è una delle regioni più corrotte dell’Unione europea, con 1378 processati in 15 mesi.
Un referendum consultivo per l’indipendenza nel 2014
Nel 2014 viene convocato un referendum per l’indipendenza, considerato illegale dal governo centrale che aveva inizialmente negato le trattative di concessione dell’autonomia. Il referendum si svolge comunque il 9 novembre 2014, con una partecipazione del 37% degli aventi diritto e l’80% di votanti a favore dell’indipendenza. Mas viene successivamente condannato dal Tribunale Superiore di Giustizia della Catalogna per disobbedienza al tribunale costituzionale e prevaricazione.

L’autonomia negata e la nomina di Carles Puigdemont
Il 27 settembre 2015 si celebrano nuove elezioni regionali. La Catalogna comincia di nuovo a separarsi internamente, tanto che Convergencia i Uniò non si presenta come partito unico alle elezioni, ma in una coalizione chiamata Junts pel sì con Esquerra Republicana e Convergencia Democratica in una coalizione. La coalizione non raggiunge la maggioranza assoluta, e solo un accordo con la Candidatura d’Unitat Popular (CUP) permette di formare un governo. Mas viene considerato impresentabile dalla CUP e deve farsi da parte. Carles Puigdemont viene nominato presidente nel gennaio 2016.
Dall’investitura nel 2016 Puigdemont ha concentrato tutte le sue forze sull’organizzazione e sull’attuazione del Referendum per la dichiarazione della Repubblica Catalana.
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